I nomi delle vittime di una guerra che il 9 settembre del 1943 si materializzò all’improvviso nel Golfo dell’Asinara, seminando la morte nel mare, si trovano da oggi su una delle pareti della sala conferenze del Museo del Porto. Il memoriale dedicato ai caduti degli attacchi ai due cacciatorpedinieri, il Vivaldi e il Da Noli, e a una delle più grandi navi da battaglia fino ad allora costruite, la Corazzata Roma, è stato realizzato grazie all’iniziativa sostenuta dall’amministrazione comunale, promossa dall’associazione Reduci e familiari dei caduti Roma – Vivaldi – Da Noli e dall’Anmi.
Il Memoriale sarà visitabile durante gli orari di apertura del Museo del Porto. L’attacco tedesco alle tre unità navali italiane provocò più di 1500 morti. Il relitto della Roma poggia a circa 1300 metri di profondità nel Golfo dell’Asinara, mentre le navi Vivaldi e Da Noli sono inabissate nei pressi delle Bocche di Bonifacio. L’inaugurazione del Memoriale è stata preceduta da una funzione religiosa e da un convegno che si sono tenuti ieri, mentre stamani, alle 9, si è svolta una toccante cerimonia nei pressi del monumento dedicato ai caduti della Corazzata Roma, nel belvedere di Balai. Una cerimonia alla quale, oltre alle istituzioni civili, militari, religiose e alle associazioni ex combattenti, hanno partecipato il reduce Aldo Baldasso, 95 anni, accompagnato dalla nipote dell’ammiraglio Bergamini, comandante della Corazzata e anch’egli deceduto nell’attacco del 9 settembre 1943, e il sindaco di Caldes, paese che ospitò i superstiti. Anche il sindaco di Porto Torres, Sean Wheeler, ha reso omaggio ai caduti: «Il nostro mare divenne una tomba per centinaia di persone. In quel momento drammatico altrettante famiglie cominciarono a combattere un’altra guerra, quella contro il dolore e la disperazione per la perdita dei propri cari. Un dolore contro cui non esiste, e mai esisterà, nessuna arma efficace. Il Memoriale della Corazzata Roma nel tempo verrà arricchito con le foto dei caduti. È una bella iniziativa per commemorare chi non c’è più, ma anche un modo per non dimenticare gli orrori dei conflitti».