In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze Armate, che è stata celebrata in piazza Umberto I, il sindaco Beniamino Scarpa ha pronunciato un discorso rivolto ai cittadini, ai rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell'ordine e delle associazioni.
Di seguito il testo integrale:
Buongiorno a tutti e benvenuti,
rivolgo un caro saluto a tutti i presenti, a tutti i cittadini che sono voluti essere qui anche quest’anno, ai giovani, ai quali credo sia principalmente rivolta questa nostra cerimonia, ai consiglieri comunali presenti, a tutte le autorità militari e civili, ai rappresentanti delle associazioni dei combattenti e reduci, alle associazioni d’arma, alle rappresentanze dei corpi militari che mettono in campo responsabilità e dedizione ogni giorno per garantire la sicurezza. Senza di loro la vita della nostra comunità non sarebbe la stessa.
Oggi, 4 novembre, nella piazza principale della nostra città, festeggiamo la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate rendendo omaggio a tutti coloro che, all’interno dei rispettivi Corpi militari d’appartenenza, hanno sacrificato la propria vita per difendere la patria.
Compiamo un gesto semplice, preciso, tutti insieme.
Perché siamo qui oggi? Perché lo facciamo? Cosa significa la deposizione della corona? Cosa significa il monumento? È parte del paesaggio, ma lo abbiamo osservato?
Facciamo tutto questo per due motivi: il ricordo, la memoria da una parte; la costruzione del futuro dall’altra.
Ricordiamo la battaglia di Vittorio Veneto, che, con la conclusione della prima guerra mondiale, portò all’unificazione dell’Italia. Ricordiamo i caduti e i mutilati e invalidi della prima guerra mondiale: 700.000 italiani circa e oltre un milione, moltissimi della Brigata Sassari. Le loro famiglie. E poi tutti i caduti che si sono sacrificati per dare vita al nostro Paese.
Oggi visiteremo anche le tombe dei nostri militari che sono stati vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, il finanziere Salvatore Cabitta, assassinato alla fine degli anni '60 dai componenti di una banda di terroristi altoatesini, e il carabiniere Walter Frau, ucciso nel 1995 con il collega Ciriaco Carru nel corso di un conflitto a fuoco a Chilivani. Saluto i loro familiari. Andremo a trovare i nostri due concittadini e sarà come sempre un momento molto toccante.
E poi festeggiamo le nostre Forze Armate, che nella nostra Repubblica sono dedite alla sicurezza interna e alla ricerca della pace a livello internazionale.
Diciamo spesso, tutti, che le nostre Forze Armate oggi sono al servizio della pace, in Italia e nel mondo. La pace è uno dei pilastri su cui si è voluta edificare la nostra Nazione.
Ma cosa è la pace? Quale pace vogliamo?
Certamente la pace nel mondo, certamente un mondo senza guerre, senza disperazione, senza fame, improntato ai valori della pacifica convivenza tra nazioni, popoli, cittadini.
Ma credo che tutti noi dobbiamo lavorare anche per la pace nelle nostre comunità.
Un desiderio di pace che deve nascere soprattutto dai nostri comportamenti quotidiani: noi tutti in prima persona possiamo e dobbiamo essere fabbricanti di pace!
E, nel nostro piccolo, credo dovremmo tutti impegnarci per la Pacifica convivenza, il rispetto per la vita e il lavoro degli altri, il rispetto per le difficoltà in cui si trovano gli altri, affermare il senso della comunità, operare con onestà intellettuale, rifuggire i pregiudizi ideologici, lavorare per il bene comune, non distruggere per solo senso polemico le cose buone che abbiamo, rifiutare la cultura dell’odio, la distruzione dell’altro perché più povero, più sfortunato, diverso, o magari solo perché non la pensa come noi.
Il Papa ha parlato recentemente del pettegolezzo che distrugge le comunità.
Costruiamo la pace se abbiamo il senso della proposta, dell’impegno per il futuro.
Dobbiamo mantenere alto il senso delle istituzioni democratiche, il valore della scuola, dell’istruzione, del bene comune, del decoro della città. Proteggere la bellezza, le risorse di cui disponiamo.
Con questo appuntamento teniamo vivi dei simboli – la bandiera, il monumento, la cerimonia, la corona - che significano molto più di quello che sembrano in apparenza. Significano la perdita, la sofferenza, la guerra, la memoria di chi non c’è più, il cammino e le sofferenze e le perdite per la costruzione del nostro Stato. Ma dobbiamo farlo con la coscienza di un intimo compito di pacificazione e di bene che deve essere dentro di noi, con un occhio volto a tramandare questi valori ai giovani, ai bambini.
Un'attività che oggi, in questi tempi spesso confusi, è essenziale: l’educazione delle nuove generazioni ai valori della Patria e del bene comune.
Possiamo farlo, tutti insieme come comunità, per costruire una pace vicina, vera, solida, duratura.
Viva le Forze Armate, Viva l’Italia unita
Viva la libertà